Venerdì, 03 Settembre 2010 21:18

Concetta, nostra sorella o del lavoro di rete

Scritto da  Gerardo

Da Domenico Pizzuti riceviamo, come indicazione di buone pratiche, la storia di un'esperienza di aiuto a una tossicodipendente nel Lotto "P" degli spacciatori di Scampia da parte di un giovane confratello gesuita.




CONCETTA, NOSTRA SORELLA O DEL LAVORO DI RETE
di Sergio Sala

Quando una macchina rimane incustodita in un luogo pubblico passano un paio di mesi dal momento della segnalazione al momento della rimozione. Questo intervallo è dovuto ai tempi tecnici di accertamento sulla proprietà del veicolo da parte delle forze dell'ordine, al coinvolgimento dell'ACI che manda un concessionario a ritirare il mezzo, alla lentezza della macchina burocratica, all'apparente mancanza di un'urgenza del fatto. Nel frattempo la macchina può servire a tante cose: come rimessa per trovare qualche pezzo di ricambio gratis, come base di lancio per botti e fuochi d'artificio, come abitazione per persone di strada.

Quest'ultimo utilizzo ci ha permesso di conoscere Concetta, una ragazza tossicodipendente che alloggiava in una Autobianchi abbandonata sul piazzale del Lotto P di Scampia. Un'abitazione è composta per lo meno di camera, cucina e bagno, e questa macchina concentrava in sé tutte queste funzioni, con conseguente spettacolo poco edificante per chi ci passava accanto e soprattutto per la salute e la dignità della povera inquilina. Dato che appena è stata rimossa la prima auto ne è subito comparsa un'altra, ci è venuto il sospetto che sia la criminalità stessa a provvedere a questa sistemazione per la ragazza, e il motivo di tanta solerzia potrebbe essere che la malcapitata sia una cavia, una persona che sperimenta i nuovi tagli di stupefacenti.

La volontà di fare qualcosa per Concetta è partita da Suor Fidelma, e subito si è estesa a religiosi e volontari: insieme abbiamo cominciato a offrire cibo, vestiti e un pernottamento alternativo a quello che col tempo stava diventando un mostro a quattro ruote. Di fronte a un caso così complesso il volontariato si è presto rivelato insufficiente, ma le prime sollecitazioni alle istituzioni non hanno portato risultato, con il rifiuto da parte del 118 al ricovero della giovane e con il declino di competenze da parte dei servizi sociali perché si tratta di una maggiorenne.

L'atteggiamento è cambiato dopo aver scritto e protocollato una lettera alle istituzioni, descrivendo la gravità della situazione e proponendo una strada percorribile. Gli interpellati hanno dato la loro disponibilità ad affrontare il caso, ognuno secondo le proprie competenze ed ognuno secondo le proprie limitazioni, in primis i tagli alla spesa sociale che spinge i Sert ad accettare solo le persone residenti in zona (ma Concetta è di Portici e un'auto parcheggiata non è considerata una vera domiciliazione).

Ringalluzziti da questi appoggi istituzionali, i volontari hanno contribuito a risolvere i conflitti di competenze ed hanno tentato di vincere la diffidenza di Concetta a farsi curare. La ragazza ha accettato di sottoporsi alle prime cure ed ha passato un paio di giorni all'ospedale, ma appena l'astinenza si è fatta sentire ha aperto la porta e se ne è andata. Per ora nulla è servito a farle proseguire il cammino, nemmeno la leva degli affetti familiari: una mamma tossicodipendente a cui lei è ancora legata, due figli gemelli in casa famiglia. Inutili le insistenze, la dipendenza dalla droga è troppo forte.

Per un caso come questo servirebbe una "unità di crisi", un luogo dove si pilota il tossico nella tremenda esperienza dell'astinenza fino alla liberazione dalla dipendenza fisica lasciando alle comunità di recupero l'altrettanto duro compito dello svincolo dalla dipendenza mentale. Se si assegnassero le unità di crisi in base al numero degli utenti un po' come si fa per le farmacie, dovrebbe esisterne una per ogni lotto di Scampia. Per ironia della sorte, dalle informazioni che abbiamo, non esiste in tutta Napoli un servizio del genere.

Nel frattempo Concetta non dorme più in macchina. A chi la incrocia all'andata o al ritorno del famigerato ex asilo, tornato recentemente agli "onori" della cronaca nera, afferma di dormire in stazione centrale, il che non ci tranquillizza affatto.

Questa triste storia insegna che solo un lavoro di rete può tentare di risolvere o per lo meno affrontare adeguatamente un caso del genere. Il volontariato da solo non ce l'avrebbe fatta, ma nemmeno le istituzioni senza la sollecitazione dei cittadini si sarebbero mosse. I servizi presenti sul territorio vanno conosciuti e valorizzati, e quelli non presenti e necessari vanno richiesti a gran voce.

Nemmeno il buon samaritano del vangelo secondo Luca ha fatto tutto da solo. Qualcosa ha fatto da sé, altro ha dato da fare all'albergatore pagando il dovuto. Al giorno d'oggi, per assistere un malcapitato dipendente da droga o alcol, servono tante persone, molti soldi, istituzioni che funzionano... La tentazione di tirare dritto come il sacerdote e il levita è grande, ma se qualcuno comincia a fermarsi è più facile anche per noi dare una mano.

Napoli, 30 agosto 2010



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